Il 2024 sarà un anno cruciale per lo sviluppo responsabile delle imprese a prescindere dalla loro dimensione. La crisi climatica, la pandemia e le guerre hanno reso sempre più evidente la necessità di un modello economico più sostenibile, equo e resiliente.
In questo contesto, il ruolo delle imprese nel prossimo futuro è fondamentale. Le aziende, infatti, hanno la possibilità di contribuire in modo significativo alla transizione verso un futuro sostenibile. Possono farlo adottando pratiche responsabili in tutte le aree della loro attività, dalla produzione alla distribuzione, dal marketing alla gestione delle risorse umane.
In questo articolo di blog, riportiamo l'intervista a Serena Moscardelli founder del CSR lab, presso gli studi di Energia Italia SRL società di distribuzione commerciale di materiali occorrenti per la realizzazione degli impianti di produzione energia elettrica da fonte rinnovabile solare.
La parola sostenibilità è entrata nel vocabolario collettivo legata spesso alla questione ambientale. Facendo un piccolo passo indietro, Il rapporto Brundtland pubblicato nel 1987 dalla Commissione mondiale sull'ambiente e lo sviluppo è il primo momento in cui viene introdotto il concetto di sviluppo sostenibile.
Per sviluppo sostenibile si intende "far sì che il sistema economico soddisfi i bisogni dell'attuale generazione senza compromettere la capacità di quelle future di rispondere ai loro". E' un processo lontano dall'essere una definitiva condizione di armonia ed è piuttosto un processo di cambiamento tale per cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l'orientamento dello sviluppo tecnologico e i cambiamenti istituzionali siano resi coerenti con i bisogni futuri oltre che con gli attuali.
E’ per questo che quando sento parlare di sostenibilità e ricette facili mi viene da definirmi insostenibile, poiché la complessità e la trasversalità si accompagnano a un vero rinascimento per il quale non abbiamo ancora formule magiche e risultati immediati. Da qui l’importanza di avere come guida i 17 Obiettivi dell’agenda 2030 che ci ricordano di non tralasciare alcun dettaglio.
La mia idea di sviluppo sostenibile è molto simile nell'immediato ad un upgrade del sistema operativo della nostra società. È passare da una versione obsoleta che si basa su modelli economici e sociali che hanno esaurito la loro utilità e forza, a una versione più avanzata che tiene conto della salute del pianeta, della ricchezza e giustizia sociale e dell'etica. È come ripensare, riprogettare un modo di agire moderno che non solo funziona meglio, ma è anche progettato per durare nel tempo e limitare gli impatti negativi.
Quindi, quando sento parlare di sostenibilità e penso a questo processo di aggiornamento mi tengo ben alla larga dall'usare parole semplicistiche: è un processo di rigenerazione coraggioso, responsabile ed impegnativo che deve seguire una roadmap concreta da azioni di facile attuazione a quelle più complesse.
Il punto di partenza è sicuramente la consapevolezza nel riconoscere che il modo in cui abbiamo gestito le risorse, affrontato le disuguaglianze e condotto gli affari finora non è più responsabile. Clima, guerre, pandemie, diseguaglianze e crisi sono alcuni degli esempi chiari agli occhi di tutti.
Ecco perché mi piace l'idea di rinascimento sociale, perché è come se stessimo cercando di riavviare tutto, ma in modo più intelligente e attento.
Le imprese giocano un ruolo fondamentale in questo processo di rigenerazione. Devono riconsiderare il sistema di gestione ed andare oltre la logica del mero profitto considerando anche l'impatto sociale, ambientale, culturale ed etico delle loro azioni. Il modello consumistico inteso come "growth marketing" è terminato, del resto era figlio di altri tempi e di un boom economico e sociale post bellico. Le nuove generazioni chiedono altro, il pianeta chiede un’inversione di rotta.
Nel costruire un nuovo sistema operativo occorre che gli obiettivi economici bilancino la socialità, l'etica e il rispetto per l'ambiente. Questo ovviamente richiede nuove leggi, nuove tecnologie e nuove strategie aziendali. Insomma, stiamo cercando di creare un upgrade che renda il nostro sistema più efficiente, equo e sostenibile per tutti.
Al momento, le imprese che hanno iniziato ad acquisire questa consapevolezza anche con dei processi di compliance sui mercati come ad esempio su labels, certificazioni, ricerca ed analisi dei contesti normativi nazionali ed internazionali sono in una posizione di vantaggio competitivo, stanno acquisendo know how e sono pronte ad operare in modo diverso.
Quello che sembra attualmente un richiamo delle grandi imprese presto sulla supply chain arriverà alle PMI, quindi il consiglio è tornare a pensare al cambiamento come lo pensava Einstein in esso sorge l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie.
Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato.
Se le aziende vogliono avvicinarsi al tema della sostenibilità senza rischi come sanzioni e greenwashing, devono prendere sul serio le leggi e le analisi di mercato. In Europa, la Commissione Europea ha sempre dato importanza alla legalità nel commercio, e le leggi sono diventate sempre più stringenti.
Provo a fare un breve excursus sul mercato europeo. La commissione Europea prima ancora si parlasse di Greenwashing ha sempre attenzionato la materia del commercio di prodotti e servizi anche in tema di dichiarazioni e obblighi ambientali. Purtroppo spesso queste leggi sono state rincorse ed ignorate in azienda fintanto non se ne presentasse la necessità. E’ chiaro che questo modo di agire oltre che essere inefficiente per costo – opportunità ha portato le realtà ad adagiarsi su vecchi sistemi, ignorando che nel frattempo venivano presi impegni sempre più importanti sul mercato europeo, come sulla questione ambientale.
Le direttive, complice la competizione sui mercati internazionali come quello americano e cinese, hanno tessuto una strategia ben precisa: quella del Green deal per rilanciare la competitività del tessuto produttivo europeo. Lo scenario della tassonomia ambientale è già molto avanzato, sono già 20 i provvedimenti varati e/o in arrivo da qui alle prossime parlamentari europee. Le direttive introducono una mole di regole e le tempistiche attuative si stanno trasformando in un groviglio capace di definire gli scenari di competitività delle imprese europee.
Facciamo degli esempi concreti. La normativa del CBAM – Carbon Border Adjustment Mechanism sull’import di beni la cui produzione è stata inquinante rischia di non mettere al riparo in misura adeguata l’industria europea dal dumping ambientale di imprese che non stanno attuando gli accordi di Parigi sul clima. Importare dalla Cina però un prodotto ad alta emissione di CO2 costerà molto di più poiché saranno applicati dei dazi compensativi doganali.
Dal 2024 entrerà per gradi la rendicontazione di sostenibilità secondo la direttiva Corporate Sustainability Reporting Directive e vedrà impegnate le prime 55.000 mila imprese su nuovi standard e criteri.
Questo aspetto di compliance normativo non è un aspetto da poco infatti le grandi aziende molto prima che nel prossimo scaglione del 2026 annunciato per le PMI, richiederanno standard e indicatori ESG lungo la catena di fornitura a partire dalla banche ad esempio.
Anche sul fronte sociale sono arrivate direttive molto importanti per la responsabilità sociale d'impresa come ad esempio il Whisteblowing e il Gender Gap Pay. Detto ciò, si evidenzia che il quadro delle linee guida dello sviluppo sostenibile si integra ed amplia non solo alla questione ambientale.
La Corporate Social Responsibility Due Diligence Directive porterà le imprese non solo ad attenzionare la sostenibilità ambientale ma ad integrare la responsabilità sociale nei piani strategici e lungo tutta la supply chain. Pensiamo a quanto cambieranno alcuni settori come il tessile che hanno delocalizzato in modo socialmente e ambientalmente scellerato. Il manifatturiero, per andare avanti, sarà interessato anche dal regolamento EUDR sulla deforestazione e ancora sulla direttiva dei Green Claims. Le direttive di responsabilità verso i consumatori, la ESPR -Ecodesign for Sustainable Products Regulation e ancora l’obbligo di verifica verso i fornitori delle aree a rischio lavoro minorile e sfruttamento sono in arrivo sempre nel primo trimestre 2024. Altro discorso riguarda la normativa sul packaging PPWD- Packaging and Packaging Waste Directive, che ha creato non poche polemiche in ambito europeo tra i paesi come l’Italia virtuosi in materia di riciclo, sul quale si deciderà entro dicembre 2024. Pensiamo infine al settore automobilistico e le zero emission del 2035 che apre l’obbligo alla circolazione di auto elettriche fatta eccezione per l’e-fuel salvate dalla Germania. Anche se la posizione su certi ambiti della responsabilità sociale d'impresa si è alleggerita a seguito del rallentamento economico complici inflazione e guerre, la rivoluzione è chiaramente in atto.
La linea Europea è tesa a completare il pacchetto Fit For 55 entro le prossime elezioni europee 2024, con la necessità per le imprese di sostenere dei costi di transazione ed adeguamento.
Sono in arrivo infatti spese per raccogliere ed elaborare dati ma anche per evitare delle sanzioni. Anticipare è la chiave delle nuove strategie di rigenerazione aziendale sostenibile.
Piuttosto che parlare di soli costi occorrerebbe recuperare il concetto di investimento o di costi ammortizzabili. Ricordiamo che i Costi di Ricerca e Sviluppo si riconducono alla progettazione di nuovi prodotti o servizi che siano innovativi rispetto alla gamma precedente e che quindi diano all’impresa produttrice delle chances per vincere la competizione nel mercato di riferimento.
Questi costi in realtà possono essere patrimonializzati, perché creano nuovo valore. Rappresentano una voce da inscrivere in attivo patrimoniale a patto che l’investimento nello sviluppo risulta essere assolutamente necessario per l’impresa come strumento di miglioramento strutturale dei propri prodotti e servizi nell’ottica della crescita della tensione competitiva e del profitto.
Investitori , finanza e consumatori stanno andando in una direzione precisa e sottrarsi a tale rinnovamento varrebbe l’uscita dal mercato. Il percorso se iniziato attraverso azioni anticipatorie attraverso un audit interno di sostenibilità e con esperti della complessità della compliance può muoversi attraverso delle agevolazioni come quelle sulla formazione aziendale portando all’interno nuove competenze necessarie per la la gestione d’impresa del domani.
Le PMI dal loro canto avranno sicuramente un sistema di semplificazione ad esempio sono sul tavolo un’ottantina di indicatori semplificati dall’advisory board di EFRAG per la rendicontazione di sostenibilità. Tuttavia attendere ad adeguarsi per rinnovarsi potrebbe causare l'uscita graduale dalle catene di approvvigionamento e vendita.
Integrare la CSR- Corporate Social Responsability in azienda con un Piano Strutturale già dal 2024 è una soluzione innovativa e strategica, tesa a delineare una politica di sostenibilità di breve, medio e lungo termine in linea con la Legal compliance europea.
Vi propongo alcuni consigli per intraprendere il percorso di integrazione della CSR in azienda:
• Analizzare gli standard ESG normativi e le certificazioni già acquisite
• Definire obiettivi specifici e misurabili sotto il profilo economico, sociale e ambientale
• Partire da azioni semplici e a breve termine per arrivare ad azioni complesse che richiedono una prospettiva di medio-lungo termine, integrando sempre la sostenibilità in modo integrale
• Coinvolgere i dipendenti e i collaboratori fin dall'inizio attraverso formazione e team di audit
• Definire obiettivi specifici e misurabili.
• Fare un monitoraggio costante dei progressi
• Comunicare in modo corretto i risultati raggiunti
• Creare team di audit con professionisti qualificati e trasversali sui vari ambiti di competenza
Per ascoltare il podcast:
Spotify: https://open.spotify.com/show/7GCeDdvm80SACbmYYM6X50
Amazon Music: https://music.amazon.it/podcasts/12f3cc93-d3b2-4a8d-8ef4-40c36dd41573/sorsi-di-sostenibilità
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